
Nel Terzo Millennio la vera ricchezza è rappresentata dai dati. Le compagnie che stanno vivendo la crescita maggiore nel settore delle nuove tecnologie sono quelle che hanno saputo instaurare una relazione precisa con i clienti, che non sono più un semplice target di offerte promozionali indistinte, ma un vero e proprio partner con cui costruire un’offerta profilata e accattivante. La raccolta dei dati è diventata la parte integrante, se non addirittura quella più importante, di una qualsiasi strategia di marketing. Queste informazioni, infatti, consentono quel meccanismo di profilazione che funziona bene lungo entrambi i lati della catena di commercio: da una parte, lato utente, perché si inviano suggerimenti pubblicitari che sono più vicini ai reali interessi del potenziale consumatore; dall’altra parte, lato azienda, perché consente ai giganti del web di vendere “pacchetti” altamente caratterizzati, distinti per età, sesso, religione e molte altre variabili che contribuiscono a rendere gli utenti più appetibili per le diverse tipologie di prodotti.
Questo discorso, di per sé per nulla nuovo, funziona benissimo non soltanto per chi, come Google o Facebook, può avere enormi vantaggi dall’avere a disposizione i dati dei propri utenti, per rivenderli in modo migliore alle concessionarie di pubblicità, ma anche nel segmento dei video. Amazon e Netflix, per citare le due realtà più dirompenti in questo momento, stanno combattendo una battaglia in cui il vincitore è destinato a prendersi una fetta enorme di mercato. Vediamo in dettaglio.
Netflix
L’azienda nata nel 1997 come alternativa al colosso Blockbuster, ha ben presto modificato il suo core business verso i contenuti on demand su internet, offrendo alla clientela la possibilità di scegliere diversi pacchetti e, soprattutto, di creare la propria personale videoteca. Una delle caratteristiche che hanno fatto di Netflix un’azienda da oltre 8 miliardi di fatturato nel 2016 è quella di aver offerto al proprio pubblico una grandissima varietà di personalizzazioni. La home page della app, infatti, è facilmente modificabile rendendola unica per ciascun utente.
Un meccanismo semplice che però ha riscosso un successo enorme tra i consumatori, che si sono sentiti improvvisamente destinatari di “attenzioni” particolari. Ovviamente, il colosso californiano non ha scelto di fare questo per viziare i propri utenti, ma, piuttosto, per poter offrire loro pacchetti più adatti a ciascuno, con una buona certezza in termini di redemption. Questo significa che un cliente di Netflix, che si trova di fronte a nuove offerte, sarà più incline ad ampliare il proprio pacchetto rispetto a chi, cliente dei canali pay per view tradizionali, non riconosce una particolare attenzione alla sua individualità.
Questa strategia aggressiva è solo la punta dell’iceberg di una vision particolarmente azzeccata che si basa proprio sulla raccolta dei dati. Basti pensare che l’analisi di dati apparentemente semplici come il momento in cui si mette in pausa un filmato, la data in cui questo contenuto viene visualizzato, il tipo di device impiegato, la provenienza geografica e molto altro ancora, se aggregati come Netflix sta facendo consentono di decidere in anticipo quali contenuti offrire, in che giorno, con che modalità, minimizzando i rischi e massimizzando i profitti. Attualmente l’azienda ha oltre 117 milioni di clienti, di cui poco meno della metà negli Usa.
Infine, l’algoritmo più importante attivato tramite i dati: quello della “raccomandazione”. Al momento dell’iscrizione, Netflix richiede al nuovo utente di indicare le proprie preferenze per quanto riguarda generi, tipologia e film già visti. In questo modo inizia a crearsi un’idea ben precisa dell’utente, cui si aggiungono progressivamente sempre più “tessere” del mosaico. L’offerta di contenuti sarà sempre più precisa e sempre meno plausibile che venga rifiutata. Tradotto: se Netflix “azzecca” i suggerimenti, ha chance crescenti che la clientela non si disiscriva dal sito e continui a pagare l’abbonamento.
Amazon
Anche Amazon è entrata da qualche tempo nel segmento dei video. E lo ha fatto come sempre: con forza e potenza. I clienti Prime hanno accesso a una vasta libreria, che offre sia serie tv che film veri e propri. La differenza con Netflix è che Amazon lega l’iscrizione a questo servizio al suo sito di e-commerce. Quindi: chi non è iscritto a Prime non può beneficiare dei video, chi decide di farlo (a 19,99 euro all’anno) riceve sia consegne gratuite e rapide, sia una vasta libreria di film. La strategia, in questo caso, è quella di utilizzare i dati acquisiti dalla piattaforma di vendita per offrire un nuovo “plus” agli iscritti. In questo modo, Amazon prova a legare a doppio filo i propri utenti, lavorando molto sulle grandi moli di informazioni che già possiede.
Prime Video, almeno per ora, non può pensare di insidiare Netflix, ma può presumibilmente tentare un “lavorio ai fianchi” che porti il consumatore a preferire un canone di abbonamento più basso e un pacchetto all inclusive, contenuto su un’unica piattaforma, che gli permetta al tempo stesso di acquistare prodotti e vedere film o serie tv. Un’offerta che tende a fare leva sulla “pigrizia” del cliente, che preferisce avere tutto a portata di mano, invece che dover utilizzare siti diversi per proprietà diverse.
È la logica che sta alla base dei grandi gruppi tecnologici, che preferiscono dare ai loro utenti una complessità di servizi che va dalla mail ai video alla geolocalizzazione (Google) o dal social network alla messaggistica e chiamate (Facebook). Amazon, che ha una forza economica pressoché illimitata, potrà continuare ad aumentare la sua offerta di film e serie tv, divenendo il primo fornitore di contenuti in un tempo ragionevolmente breve. D’altronde, fare utili non è mai stato il primo obiettivo di Bezos, che ha sempre preferito prima penetrare completamente il mercato e solo dopo passare alla cassa. La guerra dei video è solo all’inizio.
VUOI APPROFONDIRE QUESTO ARGOMENTO?
Inthera ha esteso la propria offerta di contenuti data driven anche al formato video. Il motivo? I video data driven rendono tangibile il concetto di “data telling”, ovvero la generazione di storie a partire dalle informazioni e si prestano ancora di più a personalizzare i contenuti in modo che siano il più possibile rilevanti per il singolo utente.
Scopri come usare i video data driven per il tuo Brand: contattaci.